Con Tony a New York

viaggi di gruppo organizzati a New York

…e non solo

Jazz e Grande Mela, le passioni di Toni Moretti

Il presidente dell’Accademia Musicale, raffinato jazzista, ha sviluppato da alcuni anni una seconda passione molto diversa, quella dell’accompagnatore turistico, specializzato su una mèta in particolare: New York. A suon di musica.

di Mirella Dal Zotto

Toni Moretti, presidente dell’Accademia Musicale di Schio, apprezzato jazzista, compositore e arrangiatore, è molto richiesto da un paio d’anni come accompagnatore turistico a New York, città che ama e che conosce come pochi.

Moretti ha all’attivo una carriera musicale di tutto rispetto: ha iniziato a suonare in vari concerti e con molte formazioni a partire dagli anni ‘80, ha collaborato con artisti del calibro di John Surman, Garrison Fewell, Markus Stockhausen, Xavier Girotto, Rita Marcotulli, ha fondato un quintetto con cui si è esibito in Italia e all’estero e il duo “A Bassa Voce” con Claudia Valtinoni, ha diretto il festival “La Fabbrica del Jazz”, scrive musiche per film e documentari e insegna all’Accademia Musicale di Schio. E’ eclettico anche in ambito musicale, ascolta ogni genere di brano senza preclusioni, cercando il bello ovunque.

All’intensa attività concertistica e didattica ha affiancato, da un paio d’anni a questa parte, quella di accompagnatore turistico a New York, ed è richiesto da persone di tutta Italia, desiderose sì di recarsi nella Grande Mela, ma fuori dai soliti itinerari.

Come jazzista, giocoforza amo New York – ci spiega -. Ho iniziato a conoscerla da studente, quando frequentavo il Conservatorio di Castelfranco Veneto, e da allora mi è entrata nelle vene. In seguito ho organizzato viaggi con gli amici e poi ho capito che potevo farlo anche come lavoro: ho il patentino di accompagnatore e mi appoggio, per l’organizzazione, all’agenzia R51 Travel. Mediamente, sono a New York una settimana al mese”.

Che tipo di turista si rivolge a lei?

“Chi ha il sogno di una New York diversa, insolita. Ho richieste da Schio ma anche da altre parti d’Italia, soprattutto dal sud. Ero partito fiducioso poco prima del Covid, poi è scoppiata la pandemia e la battuta d’arresto è stata inevitabile. Ho ripreso alla grande dal giugno del ‘22 e ho all’attivo una quindicina di tour in cui, che so, mostro il tramonto a Brooklyn da una particolare angolazione, cioè guardando Manhattan, porto a vedere la Statua della Libertà in una determinata ora, entro a San Patrizio dove c’è una delle copie della statua monumentale che Timothy Schmalz ha donato anche a Schio, incontro concittadini che risiedono a New York, come il titolare della pizzeria Biga, giovane scledense che là sta facendo fortuna”.

Già, perché gli Usa sono ancora il grande paese delle opportunità, vero?

“Direi di sì: se ci sai fare, hai un futuro e il lavoro non manca di certo”.

Instaurare rapporti di amicizia viaggiando insieme è un gradito valore aggiunto?

“I turisti che accompagno, mediamente quindici-venti a viaggio, poi diventano tutti amici, fra loro e con me; parlo inglese al posto loro, li seguo, se c’è bisogno, nelle pratiche burocratiche, faccio conoscere una grande città che da soli non riuscirebbero a visitare, almeno la prima volta. Cerco di dare la precisa sensazione di viverla, New York, fuori dai soliti circuiti proposti dalle guide; è un’altra cosa girarla così e c’è chi fa volentieri il bis”.

Chi viaggia con lei le chiede anche di suonare?

“Tanti non sanno che suono, sul serio… Però se lo sanno e vogliono andare in qualche locale che conosco, beh, io lo faccio con entusiasmo e metto una tessera in più nel mosaico della loro esperienza newyorkese. Nel locale, da cosa nasce cosa”.

Per lei New York non ha segreti…

“Macché, c’è sempre qualcosa da scoprire: di norma, sono il primo a uscire al mattino e l’ultimo a coricarsi alla sera. Cerco di non farmi scappare nulla, appunto ogni cosa per un altro viaggio”.

viaggio”. In Italia, c’è una città che la appassiona così e che conosce altrettanto bene?

“Sì, Venezia. Sarei un bravo accompagnatore anche lì, ma paradossalmente da noi ci sono delle difficoltà con le guide ufficiali: se sei in gamba, ti guardano come se rubassi loro i trucchi del mestiere. Questo a New York non succede, perché se sei un bravo accompagnatore diventi una risorsa, un esempio da seguire. C’è meno rivalità, è tutto più easy; se poi ti viene da improvvisare qualche fermata in più per vedere questo o quello, è un successo; come quando si improvvisa bene nel jazz”.

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